LA TEOLOGIA LAICA

Cosa augurarci per questo 2025

di Eugenio Delaney (Teologo)

Lascio la parola ad Eugenio e sono sicura che queste sua riflessioni vi aiuteranno a ripartire con un animo più calmo e fiducioso, dando meno ascolto a quelle emozioni troppo forti e radicali che a volte la “pancia” ci spinge a credere come assolute. Non è così!

Vi ricordate il suo articolo dell’anno scorso sul discorso di Mattarella? Eccolo qui per chi lo volesse rileggere: DISCORSO DI MATTARELLA 2024.  Ed ora lascio ad Eugenio lo spazio che si merita e lo ringrazio per il tempo dedicato a questa Rubrica.

Per scrivere ad Eugenio: eugeniodelaney@libero.it, sarà felice di rispondere alla vostre domande o riflessioni!!

Roberta

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Amiche e amici della ricerca di Teologia Laica, buon anno!

Godiamoci questi momenti felici di auguri, baci e abbracci.

Festeggiamo con vero piacere e tanta leggerezza e spensieratezza. Ce lo meritiamo, davvero.

E a seguito delle nostre celebrazioni dedichiamo qualche riflessione utile sull’anno nuovo, che ci auguriamo buono e migliore di quello che abbiamo finito.

È difficile separare la nostra realtà personale dalle circostanze in cui viviamo, come diceva il filosofo spagnolo Ortega y Gasset – “el hombre es él y sus circunstancias” -, tuttavia ritengo che sia non solo possibile ma anche doveroso separarle per poter rispondere con maggiore obiettività alla domanda “come ci sentiamo nell’affrontare questo nuovo anno, usando la ragione in modo razionale e senza pregiudizio?”

Certo, è saggio essere consapevoli di quello che abbiamo vissuto nel 2024 e delle circostanze a dir poco complicate che si presenteranno nel 2025, ma è anche saggio e soprattutto sano non identificarsi con le circostanze del tutto, cioè senza farci troppo condizionare.

Per rispondere alla domanda bisogna andare oltre le circostanze, favorevoli o avverse, e scoprire la nostra realtà profonda. Quella sulla quale ha riflettuto l’umanità dalla notte dei tempi, oscillando come un pendolo nella risposta sia teorica che pratica.

La risposta di ognuno è comunque una risposta “in solitaria”, come scrive Roberta con una espressione molto precisa, robusta e laconica, da non confondere però con  “in solitudine”, giacché il suo pensiero si completa con quest’altra perla: “nel viaggio speciale dentro noi stessi… è impossibile non sentirsi fragili ma è possibile sentirsi parte di un unico cosmo”, nel quale – aggiungo io – tutto è collegato.
Allora, chi siamo?  

  1. Polvere

Le antiche mitologie bibliche e anche la liturgia cattolica concordano in una definizione che ci riguarda. Adamo è creato dalla polvere, si legge nella Bibbia, e la liturgia recita che siamo polvere e in polvere torneremo. Queste espressioni potrebbero sorprendere e offendere la nostra dignità, se anche la scienza dell’evoluzione non sostenesse che veniamo effettivamente dalla polvere, ma dalla polvere stellare, dall’affascinante mondo delle galassie.

Sembra poesia, romanzo, scienza finzione. In realtà anche le mitologie mesopotamiche avevano usato parole analoghe quando si riferivano alla polvere adamitica animata dal soffio divino. (Tra parentesi, In una lettura laica della Bibbia, i concetti associati ad Adamo, soffio divino e vita, potrebbero indurre a pensare che il nome del soffio divino fosse Eva, che significa madre dei viventi).

Comunque, essere polvere è una bella scelta per iniziare l’anno: essere come polvere alla mercé del vento e delle circostanze o come polvere stellare di un cosmo che affonda le sue radici nel divino, che è tutto e tutto può diventare. Non è meraviglioso pensarsi in questo modo?

  1. Prometeo o l’uomo della Capella Sistina

La nostra scontata scelta per la polvere stellare ci pone davanti a una scelta ulteriore: Prometeo, con il suo furto del fuoco divino, o l’uomo di Michelangelo con le dita che si toccano?

Il mito stravagante e alienante di Prometeo lo conosciamo bene, basta tenerlo presente, soprattutto a livello sociale, del genere umano.

L’uomo di Michelangelo, invece, è una tesi da approfondire a livello personale (“in solitaria”) e una proposta per tutti, laici o credenti che siano.

Non è altro che la realtà profonda della natura (l’insieme di cose, piante, animali, persone, stelle e galassie, particelle, un’incredibile energia e potenzialità cosmica). Le dita che si toccano (quasi) sono la fotografia di ogni essere umano, a cui si offre il fuoco sacro.

Non lo deve rubare, gli si offre, deve solo fare la scelta di aprire la mano, allungare le dita, lasciarsi toccare. Per far parte attiva della vita ricevuta e giocare la sua partita.

Buon anno 2025! e “Pensiamo alla grande e in grande”

Eugenio

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