L’UOMO E’ MALATO

L’intelletto umano non può capire la vera iniziazione Ma se dubitate e non arrivate a comprendere, sono pronto a discuterne con voi.

Yoka Daishi, “SHODOKA”

Chi è l’autore:

Thorwald Dethlefsen: psicologo e psicoterapeuta di impostazione esoterica, è sempre stato un innovatore e per molti aspetti un provocatore per il suo particolare modo di affrontare i pazienti e i loro problemi. Dethlefsen ha descritto questo suo originale approccio terapeutico in vari libri: Vita dopo Vita, L’esperienza della rinascita, Il destino come scelta.

Spiegazione del libro:

Partendo dalla constatazione del duplice aspetto della medicina (l’alto livello tecnologico raggiunto e insieme il suo disagio, cui fa eco una crescente sfiducia dei pazienti che si rivolgono sempre più alla medicina naturale), l’Autore osserva come la carenza di base della medicina moderna sia quella di non considerare più l’uomo come un tutto, cioè un’unità inseparabile di corpo e anima, ma un insieme di tanti settori indipendenti da ” riparare ” via via che si guastano.

Indispensabile quindi una medicina olistica, che consideri l’uomo globalmente.

Il concetto di base è questo: il corpo in sé non è ammalato o sano, in lui si esprimono semplicemente le informazioni della coscienza, della psiche. Se queste sono ammalate o mancano di qualcosa, sono indotte a richiamare l’attenzione producendo quelle che noi definiamo malattie. Le malattie sono quindi un’informazione della coscienza che vuol far notare una sua necessità.

È noto del resto che la medicina psicosomatica lavora già da tempo e in larga misura su queste basi.

Per guarire bisogna quindi trasformare la coscienza, integrare ciò che manca, capire le carenze e colmarle.

Non è un libro ” scientifico ” in quanto non si basa su principi scientifici .

 L’uomo è malato

Un asceta sedeva meditando in una caverna. Gli si avvicinò un topino e si arrampicò sul sandalo. L’asceta apri contrariato gli occhi: ” Perché mi disturbi nella mia meditazione? “. ” Ho fame “, si lagnò il topo. ” Va’ via, stupido topo “, lo ammoni l’asceta, ” io cerco l’unione con Dio, come può venirti in mente di disturbarmi! “. ” Come pensi di poterti unire a Dìo “, chiese allora il topo, ” se non sei unito neppure a me? “.

Tutte le considerazioni fatte finora dovevano servire a far capire che l’uomo è malato e non diviene ammalato. La medicina vede nella malattia uno sgradito turbamento del ” normale stato di salute ” e perciò cerca, non soltanto di eliminare questo turbamento il più presto possibile, ma anche di impedire con tutti i mezzi le malattie. Suo scopo ultimo è arrivare ad eliminarle. Invece la malattia è qualcosa di più di una imperfezione funzionale della natura. Essa è parte di un sistema di regolazione universale, previsto all’interno e al servizio dell’evoluzione. L’uomo non è affrancabile dalla malattia perché la salute ne ha bisogno come del suo polo opposto.

La malattia è espressione del fatto che l’uomo è peccatore, colpevole – in altre parole malato -; la malattia è il corrispettivo microcosmico del peccato originale. Questi concetti però non hanno assolutamente niente a che fare con l’idea di una punizione, ma vogliono soltanto dire che l’uomo, fintanto che partecipa della polarità, partecipa anche del peccato, della malattia e della morte.

L’uomo è malato perché gli manca l’unità. L’uomo sano, cui non manca niente, esente da disturbi e turbative, esiste soltanto nei testi di anatomia della medicina. Nella realtà un simile esemplare è sconosciuto. Possono esserci persone che per decenni non presentano sintomi particolarmente gravi – ma questo non modifica il fatto che anche loro sono malati e destinati a morire. La malattia è lo stato di imperfezione, cagionevolezza, gracilità, mortalità.

Noi ci dovremmo liberare dall’illusione che sia possibile evitare le malattie o addirittura eliminarle dalla faccia della terra. L’uomo è un essere conflittuale e di conseguenza malato.

L’uomo vive in base al proprio Ego, che ha una fama costante di potere. Ogni ” Ma io voglio… “, è espressione di questa volontà di potenza.

L’Io si dilata sempre più e fa in modo di asservire sempre l’uomo con travestimenti sempre nuovi e sempre pili belli.

L’Io vive di questa limitazione e ha quindi paura della dedizione, dell’amore e dell’unione.

L’Io decide e realizza un polo, e di conseguenza spinge fuori l’ombra, la proietta sul Tu, sul mondo circostante.

La malattia compensa tutte queste unilateralità in quanto attraverso i sintomi lo riporta al centro ogni volta che se ne allontana. La malattia, che richiede umiltà e abbandono, compensa la superbia dell’Ego.

La malattia fa parte della salute come la morte della vita. Parole come queste sono scomode, ma hanno il vantaggio che chiunque è in grado di vederne l’esattezza solo osservando senza pregiudizi.

La vita dell’uomo è una vita lastricata di disillusioni; all’uomo verrà tolta un’illusione dopo l’altra fino a quando non riconoscerà la verità. Così colui che osa riconoscere che malattia e morte sono compagne fedeli e inevitabili della propria esistenza si renderà presto conto che questo riconoscimento non porta affatto alla disperazione, ma scoprirà in esse dei saggi e disponibili amici che lo aiuteranno costantemente a trovare la sua vita, quella vera.

La nostra vanità ci rende ciechi, tuttavia i nostri sintomi sono incorruttibili e ci costringono ad essere onesti. Con la loro semplice esistenza ci mostrano che cosa in realtà non va, che cosa ci manca, che cosa abbiamo fatto indebitamente, che cosa è nell’ombra in attesa di realizzarsi.

I sintomi ci mostrano con la loro fedeltà o il loro ripresentarsi che non abbiamo affatto risolto rapidamente e definitivamente un problema, come in genere avevamo intenzione di fare. La malattia pone il dito sempre sulla piccolezza e l’impotenza dell’uomo, specialmente quando crede di poter cambiare il corso del mondo con la propria potenza.

Basta un dolor di denti, un colpo della strega, un’influenza o un attacco di diarrea per trasformare un radioso vincitore in un povero verme. Proprio questo è l’aspetto che più odiamo nella malattia.

La malattia rende l’uomo sanabile. La malattia è il punto chiave, quello in cui è possibile trasformare lo stato di non salute in stato di salute.

Perché questo possa accadere, l’uomo deve smettere di lottare e imparare invece che cosa ha da dirgli la malattia. Il paziente deve guardare dentro di sé ed entrare in comunicazione coi propri sintomi, se proprio vuole conoscerne il messaggio. Deve essere pronto a mettere in discussione tutto ciò che pensa di se stesso e a integrare consapevolmente quello che il sintomo cerca di fargli capire a livello fisico. La guarigione è sempre collegata ad una dilatazione di coscienza e ad una maturazione.

La ricerca della causa

Può darsi che le considerazioni che abbiamo finora esposto non siano state completamente comprese, in quanto sono difficilmente conciliabili con le conoscenze scientifiche relative alle cause dei diversi sintomi. In genere si è disponibili a riconoscere ai propri sintomi una causa totalmente o parzialmente psicologica – ma che dire di tutte le altre malattie di cui è stata definitivamente dimostrata la causa fisica?

Domande su domande, e ovunque si spera di scovare la vera causa.

La causalità necessita infatti sempre di una conclusione ben stabilita. Nel pensiero causale ogni manifestazione ha una causa, motivo per cui non solo è permesso ma è anche necessario interrogarsi sulla causa della causa. Questo processo porta a indagare la causa della causa della causa – ma purtroppo non conduce mai a una conclusione. La causa prima di tutte le cause non potrà mai venir trovata. O a un certo punto si smette di porre domande, o si arriva a una domanda senza risposta, che non può avere più senso della famosa domanda se sia nato prima l’uovo o la gallina.

Causalità in medicina:

Il problema della causalità è di grande importanza per il nostro tema perché sia la medicina ufficiale che quella naturale, la psicologia e la sociologia gareggiano tra loro nel ricercare le cause autentiche dei sintomi patologici e nel rincorrere la guarigione attraverso l’eliminazione degli stessi. Così c’è chi cerca queste cause nell’inquinamento, chi in eventi della prima infanzia che hanno prodotto un trauma, chi nelle negative condizioni del posto di lavoro.

Dal contenuto di piombo dell’aria alla società dei consumi, tutto è stato preso in considerazione come causa possibile di malattie.

Ma la ricerca delle cause delle malattie porta ad un vicolo cieco.  È vero che si continueranno a trovare le cause fintanto che le si cercherà, tuttavia la fede nel concetto causale impedisce di vedere che le cause che si sono trovate sono soltanto il risultato della propria aspettativa. In realtà non sono cause vere. Il concetto di causa porta solo fino a mezza strada: se per esempio la causa di un’infezione viene individuata in determinati agenti, ci si può chiedere come mai in quel caso specifico quegli agenti abbiano prodotto l’infezione, e in altri casi no. Il motivo può essere individuato in una ridotta capacità difensiva dell’organismo, il che porta a chiedersi come mai si sia prodotta questa situazione.

Questo giochetto può essere portato avanti all’infinito.

Dietro a un sintomo si cela un’intenzione, un contenuto, che ha ora la possibilità di realizzarsi in modo concreto. Per questo una malattia può usare come causa tutte le cause possibili.

È qui che fallisce il metodo della medicina. Essa crede di poter impedire le malattie eliminando le cause e non tiene conto del fatto che la malattia è tanto flessibile da andarsi a cercare altre cause e da trovarle, per poter continuare a realizzarsi.

Sia ben chiaro, che non si intende  negare i progressi compiuti dalla medicina; ma solo far capire che i processi materiali individuati dalla medicina non sono le cause vere della malattia.

La ricerca delle cause nel passato distoglie dall’informazione vera e propria, perché rinuncia alla responsabilità personale attraverso la proiezione della colpa sulla causa.

Un bambino per realizzare i suoi problemi utilizza genitori, fratelli e insegnanti, l’adulto il coniuge, i figli, i colleghi di lavoro. Non sono le condizioni esteriori a far ammalare l’uomo, è l’uomo che utilizza tutte le possibilità per metterle al servizio della sua malattia. Solo il malato trasforma le cose in cause prime.

Non sono i bacteri né le radiazioni sotterranee a provocare la malattia, è l’uomo che li utilizza come mezzi per realizzare la sua condizione di ammalato.

Qui di seguito figura una tabella che si suddivide in sette livelli di escalation; questa suddivisione non deve però essere intesa come un sistema rigido e assoluto, ma solo come un tentativo di rendere evidente l’idea di escalation:

1) pressione psichica (pensieri, desideri, fantasie);

2) disturbi funzionali;

3) disturbi forti a livello fisico (infiammazioni, ferite, piccoli incidenti);

4) disturbi cronici;

5) processi inguaribili, trasformazioni a livello di organi, cancro;

6) morte (per malattia o incidente);

7) malformazioni e malattie innate (karma).

Dopo i disturbi funzionali, coi quali dopo le prime ribellioni si impara in genere ben presto a convivere, si manifestano soprattutto i sintomi acuti e infiammatori, che possono presentarsi in qualunque punto del corpo, a seconda del problema.  Se questo non riesce – in fondo il nostro mondo è ostile non solo ai conflitti ma anche alle infezioni – le infiammazioni acute si trasformano in forme croniche .

I processi cronici tendono a produrre mutamenti fisici che col tempo diventano irreversibili e che vengono definiti malattie inguaribili.

Questa situazione porta prima o poi alla morte.

I livelli di escalation della malattia dovrebbero far capire come il processo di malattia avviene gradualmente. Non esistono gravi malattie che piovono addosso improvvisamente, ma soltanto uomini che credono troppo a lungo alle cose che piovono addosso improvvisamente. Chi però non si illude, non resta neppure deluso!

Riassunto della teoria

 

  1. La coscienza umana è polare. Questo da un lato ci consente di conoscere, dall’altro ci rende malati e imperfetti.
  2. L’uomo è malato. La malattia è espressione della sua imperfezione e inevitabile nell’ambito della polarità.
  3. La malattia dell’uomo si manifesta nei sintomi. I sintomi sono componenti d’ombra della coscienza precipitate nella materia.
  4. L’uomo come microcosmo contiene nella sua coscienza allo stato latente tutti i principi del macrocosmo. Dato che l’uomo sulla base della sua capacità decisionale si identifica sempre soltanto con la metà di tutti i principi, l’altra metà finisce in ombra e non è quindi consapevole per l’uomo.
  5. Un principio non vissuto a livello di coscienza cerca in tutti i modi di vivere e realizzarsi attraverso il giro vizioso del sintomo. Nel sintomo l’uomo deve vivere e concretizzare ciò che in realtà non voleva vivere. In questo modo i sintomi compensano tutti gli aspetti unilaterali.
  6. Il sintomo rende l’uomo onesto!
  7. Nel sintomo l’uomo ha ciò che gli manca nella coscienza.
  8. La guarigione è possibile solo se l’uomo prende coscienza della zona d’ombra che si cela nel sintomo e la integra. Una volta che l’uomo ha trovato quello che gli manca, il sintomo diviene superfluo.
  9. La guarigione tende all’unità e alla completezza. L’uomo è sano una volta che ha trovato il suo vero Sé ed è diventato una cosa sola con tutto quello che è.
  10. La malattia costringe l’uomo a non abbandonare la via che porta all’unità, per questo

 

LA MALATTIA È UNA VIA CHE CONDUCE VERSO LA PARTE Più VERA DI NOI STESSI!

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Malattia e Destino Parte V